Sono vent’anni che il Paese tenta di liberarsi dal giogo della polvere bianca. Il boom del cioccolato in Europa e in Asia offre finalmente un’alternativa di vita agli agricoltori
Nel 2003 un accordo riuscito tra il sindaco di Tocache, Pedro Gogarin, le autorità locali, l'agenzia peruviana di lotta alla droga Devida, e la cooperazione internazionale (tra cui quelle tedesca e americana, particolarmente attive) intravedono nel cacao la possibilità non solo di una sostituzione produttiva ma anche di vera riscossa economica. Nascono le prime cooperative come quella di Tocache per trasformare il cacao da fresco a secco e poi per produrre la pasta di cacao. Gli agricoltori ricevono formazione tecnica e credito finanziario per convertire la produzione e migliorare la qualità dei raccolti. Tra il 2009 e il 2017 la produzione di coca dell’areacrolla del 90 per cento. Il
cacao diventa alternativa reale alla coca. Cacao come portatore di pace e prosperità.
Il Perù è oggi solo l'ottavo esportatore di cacao con una produzione che si forma al 2 per cento di quella mondiale. Ma avanza la creatività e con essa le nuove forme di cacao aromatizzato (all'ananas, al mirtillo, al caffè, tra le altre) e una produzione certificata dal fair trade che la rende più appetibile agli occhi dei cioccolatieri europei, tra cui la lecchese Icam, e che può chiedere un prezzo più alto. Soprattutto, le nuove cooperative per la prima volta hanno preso a utilizzare il porto di Anversa in Belgio, lo stesso da cui entra la cocaina in Europa, per esportare cacao direttamente, senza bisogno di intermediari che riducevano drasticamente gli utili.
Tra i Paesi europei che guardano con maggior favore alle 60 varietà di cacao peruviano ci sono, oltre all'Italia e al Belgio, anche la Svizzera, la Russia e la Svezia.